martedì 24 novembre 2009

"NON LIBRO PIU' DISCO" - Cesare Zavattini - Le Lettere

Non si può fare una recensione sul “Non libro più disco” di Cesare Zavattini, riedito da Le Lettere a venti anni dalla morte del geniale autore e a 40 dalla prima pubblicazione (Bompiani, 1970). Fare una recensione di un non libro sarebbe come criticare la metrica del padre nostro. Per un “non libro”, al limite, si può fare una “non recensione”. Oppure dare un consiglio: se amate la letteratura, questo non libro più disco è una chicca imperdibile.

Zavattini: autore, artista, poeta, sceneggiatore, soggettista, conduttore radiofonico. Non autore, non artista, non poeta. La firma di Sciuscià e Umberto D. E un libro, anzi, un non libro, che porta in allegato un disco, oppure un non disco, con materiali sonori originariamente distribuiti su 45 giri. Ogni frase ha una tensione in sé, ogni parola ha un suo modo di vivere in questo non libro definito dall’autore “un po’ saggio, un po’ romanzo, un po’ contestazione ad alta voce e un po’ confessione”. Le parole corrono e compongono non frasi, macchie rosse di sangue o macchie nere di inchiostro, parole che vengono vomitate, che cascano, che sono graficamente e metaforicamente messe in croce; disegni, corsivi, titoloni.

Una non scrittura per un non libro, delle non parole per delle non pagine. Una non voce per delle non trasmissioni radiofoniche chiamate Cinegiornali liberi.
Tra astrattismo, dadaismo, surrealismo, così astratto e surreale da sembrare fino troppo reale: «Papa, inventa, fai qualcosa d’inatteso: bestemmia e mi converto, bestemmia o ti percuoto», e poi parolacce, e poi gesti linguistici anzi non linguistici estremi. Cosicché, quando si finisce questo non libro e si gira l’ultima pagina, la sensazione è la stessa che descrive Paolo Nori nella prefazione: “Di Zavattini ho l’impressione di non sapere niente”. Proprio così. Perché ci sono volte in cui non capire a fondo, eppure sentirsi così scossi e ancora in grado di scandalizzarci e divertirci, ci fa sentire vivi. Anzi, non morti.

VOTO: 7,5 - Per intenditori e aspiranti tali

mercoledì 4 novembre 2009

PIGMEO - Chuck Palahniuk - Strade Blu Mondadori

Ho letto Fight Club e mi sono trovato addosso un tatuaggio e un punto di vista diverso sul mondo e del mondo. Ho certamente mutuato metodiche di scrittura e punteggiatura. Ho pensato e penso tuttora che Palahniuk sia uno dei pochi, veri scrittori che girano di questi tempi.
Per questo, non credo che Pigmeo sia un libro di Chuck Palahniuk.
Eroico il traduttore del libro, di cui non posso dire di aver apprezzato la storia perché non l'ho vista passare nemmeno di striscio. Ero troppo impegnato, di volta in volta, ad arrivare in fondo alla frase. Un libro scritto come parlerebbe uno straniero in terra straniera, tutto un libro; uno straniero in terra straniera che è Pigmy, il protagonista, di cui pur sforzandomi all'eccesso non saprei dire più di due o tre parole: nero, terrorista, qualcosa del genere. O Palahniuk è ormai troppo avanti rispetto ai suoi tanti lettori, oppure questo libro è davvero una stronzata fuori dal comune; una specie di esperimento genetico, forse. Un esperimento fallito. Se invece si voleva dimostrare quanto sia enorme al giorno d'oggi l'incomunicabilità sociale e culturale tra i popoli e le persone, esprimendola attraverso una non-comunicazione verbale e letteraria, allora l'esperimento di questo metalibro è riuscito alla grande. Tuttavia, il vecchio Chuck è (era?) tutt'altra roba.

VOTO: 4 - Chuck, ti prego, ricomincia a drogarti