giovedì 30 dicembre 2010

LA SPARIZIONE - Andrea Fazioli - Guanda

Natalia si ritrova incasinata e parecchio, visto che suo padre aveva scoperto traffici loschi intorno ad un club privé e alle ragazze straniere che lì lavorano. Contini, il protagonista ideato da Fazioli e giunto ormai alla sua quarta indagine, si è tirato fuori dalla sua attività di detective privato: adesso lavora come tirocinante in un quotidiano del Canton Ticino. Nonostante questo come da tradizione, si trova nel mezzo del casino con tutti i piedi ed aiuterà Natalia a ritrovare la memoria e la voce per acciuffare l'assassino. Io non lo so, non è che mi piaccia molto questo libro, così come non mi piace troppo il protagonista. C'è però un qualche elemento che ti spinge a leggere il libro fino in fondo, anche se questi libri di Fazioli sono un po' troppo lungotti. Magari è la copertina. Come ho già detto molte altre volte, a me le copertine ed il formato dei libri di Guanda mi fanno veramente impazzire, non resisto proprio, porca miseria.

IO E TE - Niccolo Ammaniti - Einaudi

Lorenzo è un ragazzino che si sente fuori dal cerchio dei fighetti della scuola, del quartiere, di tutto; sua madre è stressante, lo chiama sul cellulare mille volte all'ora, lo tratta come un neonato. Così, quando Lorenzo s'inventa di essere stato invitato alla settimana bianca della gnocca della scuola insieme ai ganzi della scuola, lo dice alla madre, così, per scherzo. Solo che la situazione gli sfugge presto di mano e si trova costretto ad inventarsi qualcosa pur di non deludere sua mamma (che quando sa la notizia si mette a piangere). Lorenzo compra tutto il comprabile per la settimana bianca, visto che sa sciare e pure bene. Si fa accompagnare al punto di ritrovo. Poi si nasconde nella cantina sottocasa, dove passa sette giorni, ma a un certo punto arriva Olivia, la sua sorellastra, drogata fracica che lui aiuta in un momento difficile da astinenza.
Lo stile di Ammaniti è sempre molto, molto piacevole: tuttavia, la storia... E' come se non decolasse, insomma, ci si aspetta sempre che succeda qualcosa e invece non succede nulla che non ci si aspetti, tranne nel finale con il classico "1o anni dopo". E poi il libro è troppo breve, un centinaio di pagine. Uhm. Spero solo che Ammaniti non si venda al cinema.
VOTO - 5/6: sembra la bozza di un romanzo, comunque piacevole.

IMPERIAL BEDROOMS - Bret Easton Ellis - Einaudi

Magari leggere il continuo di una storia senza aver letto prima la storia non è la cosa più indicata. Forse, però. Perché in questo lugubre e meraviglioso e ipnotico lavoro di Ellis si capisce tutto ciò che è stato, più o meno, già dalle prime pagine; sicuramente mancherà roba, ma già così questo libro sta in piedi, e ci sta egregiamente.
Il protagonista è Clay, uno sceneggiatore/scrittore che vive a metà tra NY e LA, assorbendo il peggio dall'una e dall'altra città. Tra feste e provini, prende vita un noir tipicamente da frontiera americana, coi messicani, Ciudad Juarez, gli agenti dello spettacolo, i festini, la droga, l'alcool, i morti e le torture riprese e mandate on line. Clay si innamora di un'attricetta che si fa scopare per ottenere una parte nel nuovo film di cui anche lui è produttore: un'attricetta che non ha nessuna speranza di ottenere quella parte, ma che diventa il centro, anzi, l'epicentro di uno sconvolgente intrigo in cui rientrano praticamente tutti i personaggi della cerchia di Clay.
La trama e il ritmo sono ottimi, forse anche per la superba traduzione di uno dei miei scrittori preferiti, Giuseppe Culicchia. Ma la descrizione delle vicende grottesche e pornografiche, vuote ma a loro modo malinconiche e forse anche sbiaditamente romantiche sono frutto di un genio della letteratura. A dispetto di quello che dice Piperno, che lo stronca, io lo promuovo alla grande.

VOTO: 7 - Affresco a tinte forti, quasi in bianco e nero dai contrasti a 100, dei personaggi che si muovono intorno allo showbiz.

mercoledì 8 dicembre 2010

Ho circa quindici libri (più o meno) da recensire... Compreso il mio!
Lo faccio. Prima o poi, lo faccio.

mercoledì 27 ottobre 2010

E' GIA' SERA - Gianni Somigli - Romano Editore



SIGNORE E SIGNORI, E' GIUNTO IL TEMPO, DOPO TANTO SUDORE E TANTI LIBRI DI ALTRI MERITEVOLI AUTORI, DI FARE IL GRANDE SALTO.

PERTANTO, NUNTIO VOBIS MAGNO CUM GAUDIO CHE E' USCITO


E' GIA' SERA
Di Gianni Somigli
Romano Editore


COMUNICATO STAMPA

Il romanzo-inchiesta del giornalista Gianni Somigli sulla criminalità organizzata e le sue vittime in Toscana

Firenze e la mafia

La strage dei Georgofili raccontata dalle persone a cui quella bomba ha cambiato per sempre la vita

Anteprima venerdì 29 ottobre 2010

FIRENZE, 27 OTTOBRE 2010 – Criminalità organizzata e vittime di stragi sullo sfondo di un amore giovanile: questi gli elementi fondanti di “È già sera”, il romanzo-inchiesta del giornalista Gianni Somigli. Il volume, in uscita per Romano Editore, sarà presentato in anteprima venerdì 29 ottobre alle 21.15 presso il  Circolo ARCI di Incisa val d'Arno (Piazza Santa Lucia 7). 

La mafia con i suoi lunghi tentacoli ha raggiunto anche la Toscana? È questa la domanda a cui il giornalista toscano prova a dare una risposta facendo parlare i protagonisti del suo romanzo. Attraverso un’attenta raccolta di testimonianze ed interviste a magistrati come Piero Luigi Vigna, e soprattutto ai familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, l’autore dà voce ai veri protagonisti di un evento che rappresenta un vero e proprio buco nero della storia di Firenze e d’Italia. Tra le pagine del romanzo-inchiesta, Dario, giovane protagonista di una tormentata storia d’amore, affronta con passione tematiche sociali e politiche che lo porteranno in un viaggio che attraversa la storia più cruda degli anni ’90, fatta di silenzi, violenze, soprusi. Fatta di mafia. 

Il mio libro non scopre nulla di nuovo – spiega l’autore Gianni Somigli – ma vuol mettere un punto fermo. La mafia a Firenze e in Toscana non spara quasi mai, ma c’è. Così come la Camorra, la ‘ndrangheta, così come la mafia russa, cinese, nigeriana”. 

Per Gianni Somigli, raccontare questa storia ha un significato ulteriore e, in qualche modo, inedito: “Della strage di via dei Georgofili si parla troppo poco. Ma soprattutto, quando se ne parla, ho l’impressione che non si prenda in esame l’aspetto più importante: quello delle vittime. Le vittime non sono numeri. Sono persone, sono vite, sono figli, madri, nonni, amici. Ho cercato di dar voce alle vittime, facendomi raccontare quello che hanno vissuto prima, dopo e durante quella notte di maggio del ’93, per capire io stesso e per raccontare agli altri il significato profondo di quella bomba”. 

Il libro propone inoltre un’appendice speciale: la raccolta delle testimonianze di fiorentini “illustri” sulla notte della strage. Politici di primissimo piano come Vannino Chiti e Giorgio Morales; intellettuali del calibro di Sandra Bonsanti e Margherita Hack; giornalisti come Mario Spezi, Oliviero Beha e Sandro Picchi; e poi scrittori, personaggi della cultura, dello spettacolo e dello sport. Ognuno ha rivissuto, in una sorta di “istantanea della memoria”, quei terribili momenti. 

Il volume sarà presentato in anteprima al pubblico di Incisa Val d’Arno venerdì 29 ottobre alle 21.15 al Circolo ARCI di Incisa val d'Arno (Piazza Santa Lucia 7).

La serata, moderata dalla giornalista Roberta Capanni, vedrà inoltre la partecipazione di Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’associazione familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili.


mercoledì 29 settembre 2010

SENZA VELI- C. Palahniuk - Mondadori

Sto scrivendo questa pseudorecensione di "Senza Veli" di Palahniuk un paio di settimane dopo averne terminato la lettura. Questo lasso di tempo l'ho trascorso cercando di ricordare di cosa parli questo che qualcuno si ostina a chiamare "libro". Sono gli stessi che continuano a pensare che Palahniuk sia lo stesso autore di Fight Club. Purtroppo, non si sono accorti che Palahniuk è morto in un incidente d'auto ormai circa una decina d'anni fa: è stato sostituito da un sosia, per non disperdere l'energia economica di questo nome. Gli indizi sono disseminati ovunque. In Eleanor Rigby, soprattutto.
Questo non è un libro.
Questa è una sconsolante tragedia.

venerdì 21 maggio 2010

PERCHÈ DOLLARI? - Marco Vichi - Guanda

Quattro racconti di Marco Vichi. Il primo, "Perché dollari?", che dà anche il titolo al libro, è una pseudoindagine del commissario Bordelli. Pseudo, perché non è una vera e propria indagine, ma un losco traffico in cui il commissario si ritrova coinvolto e che parla di spie e strani personaggi.
Ma la (per me) sorpresa è arrivata dagli altri tre racconti.
Il primo è "Reparto Macelleria". Uno stupendo racconto che parla di fascisti e partigiani, di un libraio che ha qualcosa di fatato, di un macellaio di uomini, di un nano, di uno che sta dietro a tutto l'ambaradan. Il secondo s'intitola "Il portafogli" ed ha un vago retrogusto alla Buzzati, quel fatalismo, quella normalità elevata a miseria e vetta: l'anonimo ragioniere, specchiato e metodico, che finisce in galera per un equivoco ma che scoprirà un mondo diverso da quello della Premiata ditta in cui ha speso tutta la vita. Il terzo racconto, "Tradimento", è un noir versiliano, la storia di un infiltrato che si troverà di fronte ad una scelta dura da compiere. Complimenti a Marco per questi racconti, soprattutto per l'atmosfera tutta particolare, polverosa, penombrosa, vagamente magica e infine terribile di "Reparto Macelleria". Come sempre, grande Marco.
 

mercoledì 24 marzo 2010

CITTÁ IN NERO - Autori vari (a cura di Marco Vichi) - Tea

Nove racconti noir, nove storie che parlano di persone, anzi no, di città, anzi no, di persone che vivono nelle città e di città che si riflettono nelle persone e nelle loro storie, a volte piccole, a volte gigantesche, a volte tristi, a volte incomprensibili, a volte semplicemente reali. Nove tra i più bravi scrittori di genere si cimentano in questa antologia assolutamente strepitosa, nove città si alternano come sfondi e come protagoniste assolute, ognuna con i propri codici di violenza, ognuna con un proprio linguaggio. E allora, più che gli ammazzati e gli ammazzatori restano in mente i bambini in strada di Palermo, le case signorili, quasi infestate, di Firenze. E così via, in un mosaico fatto di storie. Perché sono le storie che affollano il mondo, sono le storie che riempiono le nostre città, le nostre vite.

lunedì 22 marzo 2010

L'ISTINTO DEL LUPO - Massimo Lugli - Newton&Compton

Come Lapo è diventato il Lupo. Una storia così improbabile da essere verosimile. Dal lusso ovattato di una famiglia come tante, dove Pa' e Ma' si scannano da mattina a sera, dove il "signorino" viene picchiato da mattina a sera dai bulli di scuola e non ha amici, si arriva alla strada, al vivere per sopravvivere, dove l'uomo diventa animale infido, traditore ma anche fedele, sanguinario, violento, amorevole. Lugli, con la solita, ottima capacità di coinvolgere attraverso la scrittura scarna e ritmata, ci spiega come il Lupo della sua prima opera è diventato ciò che è. Un animale di strada. Ci spiega chi è Tamoa, il suo maestro, un po' santone un po' alcolizzato. Ci spiega la poesia della prima volta: la prima volta di una coltellata, la prima volta di una rissa, di uno schiaffo. La prima volta del sesso con un'inattesa, bellissima prostituta. Un battesimo, una cerimonia di iniziazione verso l'orlo dell'abisso in cui precipitare per scoprire che forse dentro l'abisso si vive meglio. Senza obblighi, senza vergogne, senza canoni se non quelli della salvazione di se stessi. Vi è anche un accenno al "Carezzevole", che diverrà il coprotagonista del terzo lavoro di Lugli. Mi è sempre piaciuta la concatenazione tra le opere. Ricordo, per esempio, due libri di Stephen King in cui si descrive lo stesso evento visto da due persone diverse, che a un certo punto di vicende separate e del tutto indipendente l'una dall'altra, si vedono attraverso un pozzo durante un'eclisse. L'ho trovato geniale. Ma King è King. E Lugli è Lugli. E direi che, di questa piccola ma innegabile verità, il cronista di nera non può certo rammaricarsi.

lunedì 15 marzo 2010

LA LEGGE DI LUPO SOLITARIO - Massimo Lugli - Newton & Compton

Confesso, ok. Va bene. Confesso. Sono uno di quelli un po' dementi che quando per caso leggono un libro che gli piace, è facile che prendano e si comprino tutta l'intera produzione di quello scrittore lì. L'ho fatto in modo del tutto sconsiderato più volte nella vita. A volte è andata abbastanza bene, come nel caso di Chuck Palahniuk. Altre un po' meno.
Un paio di post fa potete trovare la recensione de "Il Carezzevole" di Massimo Lugli. Subito, sono corso a prendermi gli altri due lavori letterari del cronista di nera. Tempo dieci ore e mi sono scolato "La Legge di Lupo Solitario". Il che mi conferma che Lugli mi piace assai. Ho letto i due libri in meno di due giorni. Cosa mai successa prima.
Lupo è un barbone fattone asociale che gira per Roma con un coltello in tasca quando va bene, con un chiodo arrugginito quando va un po' meno bene. La sopravvivenza sulla strada è un casino. L'unico culo a cui si tiene è il proprio, non c'è spazio per la moralità, non c'è spazio per la condivisione, o per qualche sentimento. Lupo vive in mezzo a reietti e, pur essendo un reietto lui stesso, rivendica una sorta di coscienza di classe degli ultimi, un modo senza regole o, forse, con più regole di tutti gli altri. Regole in qualche modo condivise, rispettate. Imposte. Un mondo decadente, a pezzi, che si scontra con quello di chi vive nel lusso, con un lavoro, con una villa, con l'oro e i gioielli. I signori, i dottori, le signore... Oltre la facciata, oltre la sovrastruttura, quello siamo e quello rimaniamo: esseri viventi in lotta per la sopravvivenza. E spesso, quelli che indossano le maschere quotidiane del benessere hanno bisogno dei reietti. Forse perché tutti veniamo da lì. Forse, perché semplicemente c'è chi vince, c'è chi perde.

L'ULTIMO INDIZIO - Piernicola Silvis - Fazi Editore

Ho letto "L'ultimo indizio" di Piernicola Silvis per un consiglio più che autorevole. L'ultimo indizio è quello che ha portato, qualche anno fa, alla cattura dell'allora numero 2 di Cosa nostra, Piddu Madonia; a scrivere, qualcuno che di quella storia ne sa qualcosa... Piernicola Silvis, che in quegli anni era a capo della Mobile di Vicenza, dove il padrino fu preso subito dopo le stragi di Falcone e Borsellino, dando così il via alla "riscossa" dello Stato. Una riscossa che adesso, a 18 anni di distanza, sappiamo essersi fermata sul più bello. Tanto per cambiare.
La struttura narrativa del libro è comunque resa interessante perché dal suo sviluppo su un doppio binario: il primo, quello delle indagini e della pianificazione dell'azione, che è un vero e proprio resoconto dettagliato con nomi e cognomi. Un secondo piano, puramente narrativo, in cui l'autore lascia andare la fantasia narrando delle vicende (parecchio angoscianti) di una verosimile vita privata. Molto, molto interessante, una soluzione di questo tipo. E non solo: anche la parte in cui si parla dell'inchiesta si differenzia da gran parte dei libri del genere, sia per costruzione che per linguaggio. Di solito pare di leggere un rapporto dei Carabinieri. Nel libro di Silvis, invece, no. E già questa è una lieta nota. Sì, ok: la parte personale fa venire una tristezza cosmica che fa passare la voglia di metter su famiglia e mette a dura prova la voglia di vivere. Ma non si può mica avere tutto dalla vita. Soprattutto da uno che piglia i boss mafiosi.

lunedì 8 marzo 2010

ERODE E LA PSICOPATIA DELL'ALLENAMENTO - Anna Marani/Elena Torre - Romano Editore

Cosa si chiede a un libro tra il giallo e il noir per essere un buon libro tra il giallo e il noir?
Be', ovviamente un buon intreccio, dei buoni personaggi, una scrittura quantomeno piacevole. Questo libro, scritto a quattro mani da Anna Marani ed Elena Torre, non solo adempie alla perfezione a questi requisiti minimi: li raddoppia!
Il romanzo, infatti, si basa sulle vicende di due "mastini": il commissario Biagini da una parte e l'appuntato Cortese dall'altra. Il primo esponente della Polizia, il secondo dei Carabinieri. Entrambi, vivono e lavorano nei dintorni di Viareggio. Le due autoresse (parola sbagliata ma che mi piace un monte) raccontano le vicende dei due: vicende che talvolta si intrecciano, si sfiorano appena. I due, però, non si incontrano mai. Il gioco narrativo che ne esce è perfettamente riuscito, così come i personaggi "di supporto"; i fatti su cui i due si trovano ad indagare, in modo diverso ma efficace, sono raccontati in modo stilisticamente accattivante e con un linguaggio facile, ottimo.
Insomma: se non si è capito, ancora, questo libro mi è piaciuto davvero molto. In alcuni punti vi sono accenti horror, in altri umoristici... Molto, molto brave alle due autoresse!

martedì 2 marzo 2010

IL CAREZZEVOLE - Massimo Lugli - Newton & Compton

Inizio con una confessione: ho sempre invidiato, e anche un po' odiato, le persone che comprano un libro e il giorno dopo dicono "Che bello, l'ho finito in una nottata" e via dicendo. Personalmente, non sono mai riuscito a leggere un libro in tempi stretti. Ho sempre pensato che ogni libro abbia bisogno dei suoi tempi; che chi legge un libro in meno di una settimana è come uno che si trova davanti una bistecca alla fiorentina e la mangia in cinque minuti. Però, forse, era solo una giustificazione per il mio senso di inferiorità in materia. Oppure no. Forse, Il Carezzevole di Massimo Lugli è per me la prima volta. La prima volta che leggo un libro in un paio di giorni. Che sono sempre più di una nottata. Però mi accontento. In effetti, la storia affascina. Siamo negli anni '70, a Roma: un ragazzo di 23 anni entra come volontario in un quotidiano, cronista di nera. Il Carezzevole è uno sciroccatone che ammazza un sacco di gente e che ovviamente si metterà in contatto col giornalista Marco Corvino fino all'inevitabile scontro finale.
Per ciò che mi riguarda, e che non credo riguardi solo me, la parte trainante del libro è il racconto dell'esperienza in redazione, una redazione "vecchia maniera", il noviziato per un lavoro che non funziona più in quel modo e in cui i personaggi non sono probabilmente più gli stessi. L'ambiente e il giornale fanno senz'altro pensare a Paese Sera, dove Lugli ha mosso i primi passi. Tuttavia, la testata non viene mai nominata direttamente anche se il racconto ha una chiara impronta autobiografica (serial killer a parte). Anche la scrittura è molto, molto buona. Quindi: ottimo libro. Complimenti.

lunedì 1 marzo 2010

ANNIVERSARIONE DA PAURA

Vabbè, tanto per dire: questo blog festeggia i QUASIQUATTROMESI di vita e i VENTI LIBRI letti, cotti e magnati. Faccio i complimenti all'autore del blog e mi ringrazio in quanto autore del blog. Cento di questi giorni, o anche qualcuno meno.

LEGGETE, GENTE, LEGGETE, ANCHE LA PEGGIOR ROBACCIA, ANCHE LE ISTRUZIONI DELLE SUPPOSTE, LA SCADENZA DELLA CREMA DI NOCI, LEGGETE, CHE LEGGERE VI TIENE APERTA LA MENTE, O QUANTOMENO VI TIENE LONTANO DALL'INFERNALE E MALIGNO MEZZO A SCHERMO E BATTITO PIATTO... LEGGETE, GENTE, LEGGETE!

STORIE E LEGGENDE DELLA VALLE DELL'ARNO - Settore 8 Editoria

La terra di Toscana, si sa, è una delle terre storicamente più fertili per cultura. Anzi: per culture. Perché accanto ai poeti, agli artisti, pittori e scultori, uomini di lettere e grandi politici, esiste da sempre un altro tipo di cultura. Quella che viene definita “popolare”, aggettivo che sembra, talvolta, mortificare un retroterra intorno al quale, spesso, è ruotato lo sviluppo e la crescita di un intero territorio, con le sue usanze, le sue credenze, le sue storie, le sue leggende.
In questo curato volume, i due autori, Fulvio Bernacchioni e Laura Bonechi, concentrano la loro ricerca e raccolta sulla terra che si snoda tra Firenze e Arezzo, quella valle in cui le vite delle persone sono scorse insieme alle acque limacciose del fiume Arno. Attraverso testimonianze dirette o spulciando documenti d’archivio, il libro racconta episodi di un novecento contadino e popolare, così come misteriosi fatti risalenti indietro nei secoli. Si narra, per esempio, dei “Pani del diavolo”, strane pietre cave che i contadini di Levane scambiarono per una manifestazione del maligno; o più indietro, quando nel 1333 un monaco di Vallombrosa mise nero su bianco come, durante una notte di tempesta spaventosa, vide in modo incontrovertibile i quattro cavalieri dell’apocalisse. E poi tantissimi altri episodi, legati da un unico filo conduttore: lo scenario, quel Valdarno terra di conquista e di viandanti.
Si arriva però a racconti più vicini nel tempo, e gli incubi che in epoche andate assumevano contorni fantastici e fantasiosi agli occhi dei popolani, diventano purtroppo reali. Storie terrorizzanti in cui il diavolo porta l’uniforme nazista, ed i morti rimangono appesi agli alberi per giorni e giorni; storie di guerra e di fame, storie di feste di paese e di rituali mai scomparsi, incisi nella terra e nelle persone e adesso raccolti in un volume a cui davvero conviene un’occhiata.

IL SEGRETO DEL TERZO VIOLINO - Jacopo Chiostri - Romano Editore

Di fatti di sangue, a Firenze, se ne sono sempre avuti in abbondanza. Ma c’è una particolarità che distingue ciò che succede all’ombra della cupola del Brunelleschi dagli avvenimenti di tutte le altre città d’Italia, forse del mondo. Che da queste parti, gli episodi difficilmente sono “semplici”, banali, in qualche modo squallidamente normali.
Dalle trame omicidiarie di corte fino ai compagni di merende, le violenze e gli omicidi appaiono sempre come l’atto ultimo di una raffinata elaborazione, di disegni e progetti incomprensibili, terrorizzanti e allo stesso momento, o forse proprio per questo, irrimediabilmente affascinanti. Da sempre, non solo una certa qual vena sotterranea di violenza permea la città di Firenze; da sempre, esiste una certa qual fiorentinità nei fatti di sangue, da queste parti. È esattamente questa tremenda raffinatezza criminale, così terribile e per questo così affascinante, che si dipana nella trama de “Il segreto del terzo violino” di Jacopo Chiostri. Un vero mastino come il capo della mobile di Firenze Giandomenico Giusti si trova a dover risolvere un complicato intreccio che parte da due omicidi distinti, apparentemente del tutto scollegati tra loro. Apparentemente. Perché l’indagine porterà Giusti, e noi insieme a lui, a scoprire misteriosi legami che affondano la propria ragion d’essere in un passato torbido. Un passato che allunga la propria ombra di morte sui salotti buoni della Firenze bene, sfiorando personaggi importanti; e si sa, ci sono fili che non si dovrebbero toccare. Giusti non si ferma. Arriverà a svelare quale sia il segreto del terzo violino? E qual è il messaggio affidato agli anagrammi camuffati da titoli di giornale?
Un susseguirsi di eventi scorrono sotto agli occhi del lettore dalla prima all’ultima pagina: un libro certamente riuscito per Jacopo Chiostri, giornalista giunto alla sua seconda fatica letteraria dopo “Cemento... armato”. Un libro che parla del male, e della particolare forma che può assumere quando esso viene realizzato nelle città del Fiore.

martedì 9 febbraio 2010

MORTE A FIRENZE - Marco Vichi - Guanda

Lo ammetto: i personaggi "seriali" della letteratura mi sono sempre un po' rimasti sui coglioni. Lo so che dovrebbero fare l'effetto contrario. Che uno di dovrebbe affezionare e tutto il resto. Ma non c'è nulla da fare, è più forte di me. Ma la cosa non rappresenta un problema irrisolvibile: basta leggere un libro solo e hai già fatto.
Il commissario Bordelli è il protagonista di una trilogia, mi pare di aver capito. Solo che l'ho capito dopo aver letto Morte a Firenze, un'indagine, forse l'ultima indagine, del commissario fiorentino creato da Marco Vichi.
Il libro funziona. Sì, funziona. Si intrecciano un delitto odioso come solo quello ai danni di un bimbo può essere, un "covo" di fascisti, le dinamiche amorose del burbero sbirro. Ma ciò che più di tutto emerge, dalle pagine del libro, è Firenze. Anzi no: è la Firenze alluvionata. Ed è proprio questo che rende il romanzo di Vichi molto, molto particolare.
Non mi piacciono alcuni passaggi "interiori", che ho trovato anche in altri personaggi dello scrittore fiorentino; mi sembrano, ogni tanto, un po' ripetitivi. Ma si deve ammettere che quando prendi in mano un libro di Vichi, difficilmente lo riponi sullo scaffale senza essere arrivato all'ultima pagina.

COMPAGNI DI SANGUE - Michele Giuttari e Carlo Lucarelli - BUR

Altro punto di vista sul mostro e i suoi amiconi della merenda. Stavolta, però, il punto di vista è quello di Giuttari, al tempo capo della mobile di Firenze e "scopritore" della pista che ha portato a individuare Vanni, Lotti e tutti gli altri Compagni di sangue.
Come già detto su questo blog, la vicenda è di per sé appassionante. Una mente letteraria non avrebbe mai potuto partotire qualcosa del genere. Infatti, gli assassini che popolano le pagine dei libri, da sempre, sono "uni", mai "trini" o più. Questo avvalora la tesi per cui sono la terra e il cielo i luoghi più strambi.
Il libro ripropone le indagini di Giuttari, i suoi convincimenti, i passaggi logici, gli interrogatori incrociati. Lo stile, be', quello lascia un po' a desiderare. Pare di leggere un verbale. Ma tutto sommato, la vicenda è troppo succulenta per star dietro a queste piccolezze stilistiche.

lunedì 8 febbraio 2010

IL GIOVANE HOLDEN - J.D.Salinger - Einaudi

Lo ammetto senza problemi: quando devo leggere un libro che più che un libro è una reliquia, mi prende una paura boia. È quella stessa paura che ti prende davanti a un piatto di lasagne, quell'angoscia pura e semplice che ti stringe allo stomaco quando scopri che non sono lasagne normali ma, che ne so, lasagne alle verdure. Tu resti di stucco e ti disperi, dentro di te. Non avevo mai letto Il giovane Holden, così come non ho mai letto Il piccolo principe, così come ho letto altri pezzi come L'Idiota solo all'ormai veneranda età di quasi trenta anni. Li ho tutti, sugli scaffali, ma non li leggo.
Ora, sulla spinta emotiva della scomparsa di J. D. Salinger, ho preso il suo capolavoro tra le mani. Dico la verità: non avevo la minima idea di cosa si parlasse in quel libro. Ridico la verità: anche ora non ne ho tanta idea. Sì, ok, la storia del ragazzo, dell'acchiappatore nei campi di segale, del rifiuto della società data... Sì, sì, va bene: ma poi? Dice: ma a quei tempi era un libro rivoluzionario. Va bene anche questo. Lo so, anche solo parlare in quel modo, scrivere un linguaggio del genere, a quei tempi era una rivoluzione. Lo so, lo so. Ma poi?
Ecco perché certi libri, certi film, certe canzoni entrano nella leggenda: perché non ci si capisce un cazzo. E se non ci si capisce un cazzo, ognuno può appiopparci il significato che vuole, dal più banale al più sofisticato. Ho l'impressione che questo genere di libri sia quasi fatto apposta per durare in eterno, perché in eterno se ne cercherà il significato "vero". Ma se il significato "vero" non c'è, come si fa?

martedì 12 gennaio 2010

I QUATTORDICI MESI - Enzo Biagi (a cura di Loris Mazzetti) - Rizzoli

L’ho già scritto a proposito di altri libri e lo ripeto: la Resistenza, la storia e le storie dei Partigiani per me sono una specie di dimensione onirica. Qualsiasi cosa riguardi i Partigiani per me è irresistibile. Lo so che un giornalista non dovrebbe dire certe cose. Soprattutto, un buon giornalista non dovrebbe ragionare per categorie. Ancora di più di fronte a temi come questi. Ma a me, di queste cose, non me ne frega davvero un cazzo.
Se poi si unisce a questo il fatto che “I quattordici mesi” (Rizzoli) è il libro in cui Loris Mazzetti rimette a posto racconti, brani, ricordi, scritti sull’esperienza partigiana di Enzo Biagi nella brigata Giustizia e Libertà, direi che qualsiasi altro tipo di parola sul libro diventa quasi superflua. Non si può commentare. Che, si commenta la Bibbia?

VOTO: FUORI CLASSIFICA

DOLCI COLLINE DI SANGUE - Mario Spezi - Bur

Trovo Mario Spezi uno dei giornalisti più antipatici che esistano. Lo reputo spocchioso, arrogante, saccente. Uno di quelli che, solo a guardarli, si vede che pensa di sapere tutto solo lui.
Per questo mi piace molto Mario Spezi.
Certo, la mia è anche e soprattutto invidia: legare il proprio nome a quello di uno dei casi più incredibili della storia italiana, il Mostro di Firenze, e legarlo inizialmente in modo quasi casuale, non è certo roba da poco. Insomma: sostituire un collega al giornale per coprire un omicidio che poi diventa il primo della catena… Come definire questa faccenda se non con un giro di parole come: che botta di culo.
Certo, Spezi poi ha pagato anche delle conseguenze, e pure pesanti, molto pesanti. Non so se il gioco sia valso la candela. Secondo me, ma è la mia opinione, sì. Perché in fondo, Spezi non è più un cronista che racconta la storia del Mostro; in qualche modo, ormai, è dentro la storia. Ne fa parte.
A dimostrarlo, il libro “Dolci colline di sangue” (Bur), certo non una nuova uscita, ma una lettura sempre piacevole anche se in seguito sono successo tante altre cose. Ma questa, come si dice, è un’altra storia. Anzi, quasi cronaca.
Con uno stile asciutto e sempre accattivante, di chi sa come si usano le parole e i concetti, Mario Spezi ricostruisce le vicende che scossero Firenze e provincia per tanti anni. Riferimenti a indagini, retroscena, dettagli, articoli di giornale. Insomma, tutto quello che serve per un racconto preciso, ma anche critico, del lavoro degli inquirenti, che Spezi mette in discussione mettendo sul tavolo le proprie argomentazioni, deduzioni, prove e controprove.
Pacciani? Un innocente, un capro espiatorio. Era la “pista sarda” quella buona, per Spezi: è lì che si doveva insistere, è lì che si doveva battere ancora. Almeno secondo Spezi, e, a dire la verità, non solo secondo lui.
Come tutti i libri sul Mostro di Firenze, e questa è una cosa che lascia un po’ di amaro in bocca, ci si perde un po’ alla fine. Di tutti quelli che si sono cimentati nella vicenda, di tutti quelli che affermano di sapere la verità, MAI, MAI uno che si prendesse la briga di fare nome e cognome.
Ecco: questo è ciò che smonta un po’ tutto il libro, per non dire tutti i libri, che affrontano questi argomenti. Perché sembra proprio che perda valore tutto il costrutto; che si sia voluto dimostrare un fatto senza dire il fatto; che si imbastisca un duello finale senza sapere chi vince e chi perde.
Se la verità non esiste, tutti ne possono attingere.
Eppure, da qualche parte, la verità esiste, esiste sempre.

VOTO: tra il 3 e il 9. E ho detto tutto

NERO DI LUNA - Marco Vichi - Guanda

Non conoscevo Marco Vichi, e sono sempre stato piuttosto restio rispetto agli scrittori “localisti”, che si possono identificare con una città, un paese, un territorio. Questione di gusti, ci mancherebbe: solo per fare un esempio, Montalbano, a me, non piace.
Poi ho comprato “Nero di Luna”. Credo che a colui che ha creato la nuova linea grafica delle copertine dei romanzi Guanda dovrebbero fare un monumento in oro massiccio, e spero vivamente che prenda un sacco di soldi perché davvero il suo lavoro lo sa fare. Molto, molto bene.
Insomma: ho comprato Nero di Luna e me lo sono letto. La storia non è certo uno di quei capolavori che ti tengono col fiato sospeso, ma si fa leggere piacevolmente. Ok, lo scrittore che si ritira nella casa di campagna in cerca di ispirazione, il paese, fatti strani, forse un lupo mannaro, un paio di segreti qua e là e, ovviamente, una bella donna, forse sono ingredienti un po’ inflazionati. Tutto ciò però non può certo far dire che il tempo passato a leggere questo romanzo sia tempo sprecato. Anzi.
Anche la scrittura… Be’, non sono riuscito a capire da subito se mi piacesse o meno il modo di scrivere di Vichi, di cui non avevo mai letto niente. In alcune parti l’ho trovato un po’ annacquato. Ma nell’insieme, direi che è un libro che può tranquillamente piacere. Anche perché fornisce, finalmente, un’immagine del Chianti ben diversa da quella stereotipata del cipressino sul cocuzzoletto con la casina e il filo di fumo dal camino.

VOTO: 6,5 ma più verso il 7 che verso il 6