Zavattini: autore, artista, poeta, sceneggiatore, soggettista, conduttore radiofonico. Non autore, non artista, non poeta. La firma di Sciuscià e Umberto D. E un libro, anzi, un non libro, che porta in allegato un disco, oppure un non disco, con materiali sonori originariamente distribuiti su 45 giri. Ogni frase ha una tensione in sé, ogni parola ha un suo modo di vivere in questo non libro definito dall’autore “un po’ saggio, un po’ romanzo, un po’ contestazione ad alta voce e un po’ confessione”. Le parole corrono e compongono non frasi, macchie rosse di sangue o macchie nere di inchiostro, parole che vengono vomitate, che cascano, che sono graficamente e metaforicamente messe in croce; disegni, corsivi, titoloni.
Una non scrittura per un non libro, delle non parole per delle non pagine. Una non voce per delle non trasmissioni radiofoniche chiamate Cinegiornali liberi.
Tra astrattismo, dadaismo, surrealismo, così astratto e surreale da sembrare fino troppo reale: «Papa, inventa, fai qualcosa d’inatteso: bestemmia e mi converto, bestemmia o ti percuoto», e poi parolacce, e poi gesti linguistici anzi non linguistici estremi. Cosicché, quando si finisce questo non libro e si gira l’ultima pagina, la sensazione è la stessa che descrive Paolo Nori nella prefazione: “Di Zavattini ho l’impressione di non sapere niente”. Proprio così. Perché ci sono volte in cui non capire a fondo, eppure sentirsi così scossi e ancora in grado di scandalizzarci e divertirci, ci fa sentire vivi. Anzi, non morti.
VOTO: 7,5 - Per intenditori e aspiranti tali
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