Alla fine del libro ho pensato: di chi è il "sangue freddo" di cui il grande Truman Capote parla nel suo capolavoro?
Certo, quello dei due assassini, Perry e Dick, che sterminano una famiglia del Kansas rurale in cerca di una fantomatica cassaforte di cui uno dei due aveva sentito parlare da un compagno di carcere alcuni mesi prima. Legati mani e piedi con una fune, una coltellata alla gola, un colpo di fucile alla tempia. Infanzie e adolescenze difficili, l'odio per tutto il mondo. La disperazione e la disgregazione di luoghi comuni. Il sangue freddo.
Ma il sangue freddo è anche quello dello Stato che decide, dopo un processo sommario, di impiccare i due. Come rammenta uno dei due assassini confessi in attesa del cappio, il vero sangue freddo è quello del boia. Quello del giudice. Quello dei giurati.
Però, forse, il sangue freddo reale e più vero di tutti è quello dell'autore, Truman Capote. Un racconto, il suo, che a metà degli anni '60 uscì sul New Yorker a puntate. Una cronaca spietata, che sta dalla parte di tutti. E, quindi, di nessuno. Il fatto e i personaggi girano intorno a una vicenda sconvolgente da qualsiasi angolazione la si voglia prendere. La sensazione potrebbe essere quella che Capote abbia scelto di raccontare "perché" gli assassini hanno compiuto, a sangue freddo, quel massacro. Forse, alla fine, traspare una certa empatia più con loro che con i giurati che li mandano a morire.
Ecco perché suscitò infinite polemiche, questo libro a puntate, quando i perbenisti americani lo lessero sul leggendario New Yorker. Ecco perché Capote, dopo questo libro, fu investito parimenti da una fama incredibile e da dubbi esistenziali che lo portarono a non pubblicare più una riga.
Esistenziali, sì. Perché, in fondo, A sangue freddo è un libro che parla di esistenze. Esistenze interrotte, stroncate a sangue freddo. La giovane, il padre, la madre. I due assassini. La vita di paese. I giornali. Una rappresentazione più vera del vero, scarna e romanzata, incredibilmente attuale.
E' giusta la vendetta di Stato? Si possono comprendere le motivazioni di gesti efferati? I mostri umani esistono?
Forse, Capote una risposta ce la dà, facendo filtrare tra le parole un senso di umanità, una logica più grande, un'enorme, tragica commedia del vivere in cui noi siamo solo delle piccole briciole di nulla che ruzzolano sulla tavola imbandita della storia.
VOTO: 8 - Leggenda giustificata